Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca

Un'immagine (Uroboro) disegnata nel 1478 da Theodoros Pelecanos in un trattato alchemico intitolato Synosius (da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
Un'immagine (Uroboro) disegnata nel 1478 da Theodoros Pelecanos in un trattato alchemico intitolato Synosius (da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

Il senso superiore è l’inizio e la fine. 

È ponte di passaggio e di compimento. 

(C.G. Jung, Il libro rosso. Liber novus)

Il numero 40 di Oblio rappresenta insieme un compimento e un nuovo inizio. Nello straniato scenario del 2020 – quasi un ouroboros, nella sua infausta segmentazione ecolalica –, che ha stravolto la nostra quotidianità e la percezione stessa del nostro essere e agire, molti di noi hanno affidato la propria resistenza all’impresa mai vana dello studio, della lettura, dello scambio intellettuale. È senz’altro con questo spirito che la comunità di Oblio ha lavorato in questi mesi, chiudendo il suo decimo anno con un bilancio non troppo lontano dalle originarie ambizioni della rivista: un ingente patrimonio di recensioni, saggi, rubriche, che ha reso il progetto ancora più ampio e condiviso, ma anche tante idee e prospettive che contiamo di mettere in pratica a partire dai prossimi numeri. 

Per varie ragioni, ci sentiamo di presentare il numero 40 di Oblio come «un ponte di passaggio e di compimento», per dirla con Jung. Innanzitutto, oltre a proporre l’abituale sezione di saggi aperta a tematiche e approcci metodologici differenti, il numero che oggi licenziamo interviene con le nostre consolidate rubriche, a fuoco e in circolo, su due ambiti promettenti del dibattito critico attuale. La prima di tali rubriche, a fuoco, è dedicata all’Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Verga, che con la nuova serie si avvia a concludere felicemente una lunga vicenda filologica ed editoriale. Si tratta nel suo insieme di un punto di riferimento per la filologia narrativa moderna, ma anche, per le informazioni che emergono dal laboratorio della scrittura, dell’apertura di nuove prospettive interpretative. In circolo punta invece su un libro al centro nei mesi scorsi di un ampio dibattito, Casa di carte di Matteo Marchesini, a partire dagli interventi di un’importante presentazione fiorentina tenutasi presso il Gabinetto Vieusseux. Infine, a conferma della nostra opzione originaria, più di quaranta recensioni sono anche il frutto dell’accresciuta cerchia di collaboratori e collaboratrici, di diverse generazioni, che, come i loro predecessori, continuano a costituire il motore di Oblio.

Una simile partecipazione, che vede il coinvolgimento e le proposte di tanti studiosi e studiose affermati, così come l’adesione operosa di tanti e tante giovani, ci spinge a rafforzare l’ispirazione comunitaria del nostro progetto e a ribadire la scelta di Oblio, fra le poche riviste nel suo genere a non dipendere da un Dipartimento universitario, che si è connotata come luogo aperto e plurale di confronto sui temi della letteratura italiana contemporanea, in sintonia con la MOD, che dall’inizio ci sostiene. Proprio per rispondere a questo intento già un anno fa abbiamo ridefinito in maniera più articolata e inclusiva la nostra organizzazione, che prevede ora, oltre al Comitato direttivo che affianca il Direttore, un Comitato Scientifico e un Comitato Editoriale, che hanno ereditato la funzione e nei quali sono confluiti i Referenti scientifici. Dal primo numero del 2021, con il quale inaugureremo il nostro secondo decennio, sia per rispondere ai requisiti di accreditamento previsti dall’Anvur sia per una sua maggiore funzionalità, il Comitato Editoriale si appresta a diventare più stabile, eventualmente rinnovato alla fine delle singole annate. Ciò comporterà, per i suoi componenti, una maggiore responsabilità: un effettivo coinvolgimento nelle scelte della rivista, ma anche un maggiore impegno, soprattutto in ambito di proposta, coordinamento e revisione delle recensioni che vi affluiscono.

L’immagine del serpente alchemico di Jung evocata dall’epigrafe ci è stata però suggerita soprattutto dalla nuova veste che Oblio assume alla fine della decima annata e che, se non ne muta l’anima profonda, certo le conferisce qualche attrattiva ulteriore, non solo in estroversione e affabilità. La rivista è ospitata in un sito aggiornato, consono alle sue ambizioni e graficamente più strutturato, ma soprattutto più funzionale alla ricerca, in quanto consentirà un accesso rapido e intuitivo alle nostre risorse bibliografiche. La homepage riassume icasticamente i contenuti del numero, evidenziando saggi e rubriche; l’indice è ad accesso diretto; le rubriche sono consultabili agilmente nella loro interezza o nei singoli contributi, ma possono anche essere richiamate nella loro serie storica (immaginiamo ad esempio che voci possa col tempo costituire un selezionato lessico critico letterario della contemporaneità, o che le varie occorrenze di in circolo diventino una vetrina delle novità critiche da discutere, e così via). La nuova maschera di ricerca offre diversi campi che, a partire da una specifica voce (autore, recensore, curatore, parola contenuta nel titolo, o anche rivista, editore) o da una ricerca indefinita, permettono un sondaggio veloce, facilitato e interconnesso nell’ormai affollatissimo parterre delle recensioni – circa 2.000 – pubblicate da Oblio nei suoi dieci anni di vita. Cosicché, l’opportunità di recuperare facilmente quanto pubblicato in passato – recensioni, saggi, interventi e rubriche – consente di esplorare tutta la decennale storia della rivista e, come un moderno palinsesto, traccia il percorso su cui si innestano i nuovi progetti in cantiere. 

Ecco perché non ci pare una mera formalità augurare a tutti buona lettura e buona esplorazione di questo nostro numero 40, consapevoli che stiamo percorrendo insieme il «ponte» che ci conduce a una nuova fase di condivisione del progetto e, speriamo, di progressivo ritorno alla normalità.

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