Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca

Non possiamo non aprire questo editoriale con una notizia che è per noi motivo di grande soddisfazione: qualche giorno fa ci è stato comunicato dall’Anvur che oblio è stato inserito nell’elenco delle riviste di Classe A per i settori dell’italianistica e della comparatistica dell’Area 10. Si tratta del riconoscimento ufficiale di un progetto di lunga durata, per il quale siamo grati alla Mod, che ci ha sempre sostenuto con fiducia e attenzione, e all’ampia comunità di colleghi e colleghe di differenti generazioni che ha in vario modo dato vita a un’impresa autenticamente collettiva. Negli anni oblio ha affiancato agli originari imprescindibili referenti i diversi comitati – direttivo, scientifico, editoriale – e l’efficiente redazione con cui la rivista è adesso strutturata, ma molto hanno contato anche i contributi e le collaborazioni degli studiosi e delle studiose più giovani, che hanno potuto trovare nelle pagine della rivista un luogo di accoglienza e formazione.

Si può affermare che tutti insieme abbiamo vinto quella scommessa che nell’ormai lontano 2011 aveva motivato la scelta di un acronimo giocosamente antifrastico come oblio per denominare uno spazio di ricognizione bibliografica dedicato alla letteratura italiana degli ultimi due secoli: a significare l’opposta necessità di valorizzare e mettere in circolo un patrimonio di ricerca e conoscenza nel quadro sempre più dispersivo dei saperi contemporanei. «La nostra intenzione è di offrire un servizio» è la frase programmatica con cui si apriva l’editoriale del primo numero – e tale servizio sentiamo ancora di voler condividere e rilanciare a partire da questo traguardo che abbiamo tagliato. Non di meno, il passaggio in Classe A sancisce il processo di crescita che oblio ha intrapreso nel momento in cui all’opportunità, dodici anni fa per niente scontata, di poter fruire in open access di un corposo repertorio di recensioni ha aggiunto la molteplice tipologia di contributi – saggi, rubriche, interventi, dibattiti – che scandisce oggi la rivista.

Il numero che presentiamo ci pare manifesti con particolare evidenza l’orientamento intellettuale di oblio, nel corso del tempo sempre più consolidato e meglio precisato: la fedeltà allo spazio critico della modernità letteraria e al suo spirito di confronto, di agonismo, di incessante revisione della tradizione da essa edificata iuxta propria principia. La tradizione novecentesca e il nostro tempo presente: una trasversalità cronologica che nel numero 48 si esprime nei saggi dedicati ad autori fondativi (Montale, Palazzeschi, Silone), o all’oltrecanone delle scrittrici, sempre più necessario (Morante, Sfinge, Manzini) per ripensare nel suo insieme tale modernità letteraria, ma anche a poeti che attraversano il nostro presente interrogandone linguaggi e valori (Langella, Frasca). E ci pare ulteriormente significativo che non pochi dei saggi che ospitiamo siano dedicati ai carteggi – di Montale, Manzini, Morante – che ne documentano i percorsi con inedite informazioni, denotando una ricerca che non rinuncia al radicamento filologico e storiografico.

Alla stessa logica di ricognizione delle radici dei nostri studi letterari rispondono poi i contributi dedicati alle eredità di due maestri rimpianti come Nuccio Ordine e Gian Carlo Ferretti, e la rubrica all’attenzione, spazio precipuo che oblio costantemente dedica alla ricognizione del fare critica e ai suoi interpreti. Nel presente numero torniamo a interrogarci sulla personalità intellettuale di Gino Blasucci, recentemente scomparso, dopo che nel numero 38-39 del 2020 avevamo dedicato un’ampia discussione al primo volume del suo commento ai Canti. Intervengono in questa occasione Pierluigi Pellini, Luca D’Onghia, Gianluigi Simonetti, Ida Campeggiani, Niccolò Scaffai e il nostro direttore Nicola Merola, mentre con la cura di Cristina Cabani e Giuliana Petrucci riceviamo un bell’inedito dal carteggio con Sebastiano Timpanaro di prossima pubblicazione.

Rilanciamo poi, e lo diciamo nell’auspicio di una futura e più assidua continuità, la rubrica al presente: ci occupiamo in questo 48 – e il numero gli si addice -di Maurizio Maggiani e del suo Il Romanzo della Nazione, doppiamente indicativo degli obiettivi della rubrica: mettere in atto l’intenzione di offrire un’apertura verso le forme vive della letteratura e intercettare la riflessione ambiziosa che la scrittura consegna sulla storia e sul tempo presente.

Anche questo numero continua a caratterizzarsi per il cospicuo numero di recensioni. Di ciò ringraziamo tutti coloro che con il loro prezioso contributo permettono a oblio di garantire quel servizio di cui si diceva sopra, e dare quindi conto, con un alto grado di rappresentatività, del composito scenario degli studi letterari sulla modernità e contemporaneità. Non cessiamo tuttavia, per incrementare ancora di più la nostra capacità di mappare tale scenario, di fare appello alla comunità di studiose e studiosi che collabora a oblio, con l’invito a non farci mancare il loro patrimonio di idee e di energia intellettuale in un tempo che di idee, di energia e di condivisione ha più che mai bisogno.

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